00 16/12/2004 19:40
Morte
Questo silenzio è un grido.
Un grido che improvvisamente mi sveglia.
Sono morto, il mio corpo giace in mezzo al ponte, circondato dai nemici.
Non sento niente, non sento il vento e il bosco, e non sento neanche le voci dei miei nemici.
Le mie orecchie sono chiuse ai suoni in questo momento, in questo mondo.
Mi guardo attorno, vedo, senza avere occhi, i nemici che mi hanno assalito girarmi attorno diffidenti.
Non hanno paura di me, non più, ma temono quello che la mia presenza dice loro.
Hibernia si è svegliata, sanno che io sono solo l’avanguardia.
E io sento.
Sento la presenza dei miei compagni, vicini.
No non s' ingannano i nemici, io non sono solo, i miei fratelli stanno arrivando.
Questi invasori sono circospetti, non si sentono sicuri, passano il ponte e si rifugiano defilati all’ombra dei salici scrutando diffidenti il sentiero e il fiume poco lontano, cercando i segni dell’arrivo dei miei compagni.

PACE.
Il tempo si dilata, il tempo, un attimo scandito dai battiti del mio cuore.
Ma ora il mio cuore è fermo, e il mio tempo si è fermato con lui.

I miei compagni, fratelli, sono arrivati, forti delle loro armi sono arrivati, sento i loro spiriti avvicinarsi.

Eppure

Io mi allontano.
Lascio il mio corpo e mi allontano, e da lontano mi giro a guardarmi.
Vedo la pietra su cui sono disteso sporca del mio sangue che sussurra ancora di vita appena finita, la mia.
Mi giro attorno, nella notte rumori di vita e silenzio di morte, la mia.
Che mi importa oramai delle battaglie ?
Che mi importa di questo piccolo lembo ti terra, che ha gia assaggiato molte, troppe volte, il sapore del mio sangue ?

GRIDA.
Di amici e nemici.
Li sento senza udirli, sangue e rumore di spade che gridano sangue cercando la carne dei vivi come zanne affamate mai sazie.
Lampi, globi d'energia rabbiosa esplodono ferendo la carne e fiaccando lo spirito.

Guardo in alto, le stelle, la loro luce calma e tranquilla, il cielo senza luna, nero, e più in la più nero del cielo l’ombra del castello, ora nemico, che stride come una ferita sulla mia terra, sulla mia anima.
Quelle mura un tempo familiari che ora deridono la mia morte con la loro non vita.
Pietre, erette per difendere un tesoro, la nostra amata Hibernia che ora è calpestata dai nemici.
Pietre, ora nemiche, baluardo e avamposto dei nostri avversari.

DOLORE.
Agonia, non voglio più sentirlo il dolore, non voglio più sentire niente.
Sangue, il mio, che nuovamente sgorga dalla ferita.
Cuore, il mio, che ricomincia a battere.
Corpo, il mio, in agonia su quelle pietre.
Un fratello vicino al mio corpo, fermo che mi guarda, poi alza lo sguardo e mi vede, e allunga una mano, mi chiama.
Lo guardo, il suo viso, segnato dalle cicatrici di passate battaglie.
Stanco il suo corpo, appesantito dall’armatura che lo ricopre.
E mi chiedo dove ancora possa trovare la volontà di combattere, o anche solo di respirare.
Come trova la forza di proseguire?
Io non so, io non voglio, io non posso.
Non ho più forza.
Guardo in alto e mi lascio allontanare ancora.

AGONIA.
No, lasciami andare, tutto questo non è più per me, mi giro per gridargli il mio dolore, per chiedergli di lasciarmi andare e mi accorgo che siamo soli.
I corpi dei nemici morti scomparsi.
I compagni lontani, quasi non si vedono più, se ne vanno per riprendersi dopo la battaglia, sanno che questo posto è pericoloso ora.
Solo questo mio fratello rimane, ostinato come la mia morte.
E nuovamente alza la mano e mi chiama.
Il suo spirito, in questo mondo lo posso vedere, non cederà mai.
Come una roccia, urla la sua sfida pronto alla battaglia.
Un nodo, sul suo petto, luminoso, non cederà mai.

CUORE.
Il mio, dolore ad ogni battito.
Cuore, il mio, un nodo inciso a fuoco in esso.
Fratello, mio, son qui, di nuovo.
L’ oblio aspetterà, troppo resta ancora da fare, troppo da salvare.
Son qui, son pronto.
Il nostro popolo chiama e noi rispondiamo.
Rispondiamo sempre.
Noi, EREDI DI NORCA.

[Modificato da Osten 16/12/2004 19.43]




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